S’aranzada è uno dei dolci sardi tradizionali maggiormente identitari. Viene prodotto in tutto il territorio della regione Sardegna, in particolare nella provincia di Nuoro.

Il suo profumo e la sua raffinatezza sono frutto dell’unione di tre ingredienti: le scorze d’arancia, le mandorle e il miele. La sua preparazione inizia prelevando la buccia dalle arance, cercando di escludere l’albedo, e tagliandola a strisce sottili; per attenuarne le note amare vengono immerse in acqua per due giorni, avendo cura di cambiare il liquido almeno un paio di volte. Poi, dopo averle scolate e asciugate, vengono mescolate a caldo con le mandorle, precedentemente pelate e tostate, e con il miele. Terminata la fase di canditura, il composto viene steso su un piano di legno e lavorato a mano, ancora caldo, fino a creare un disco compatto e alto un centimetro circa. Una volta raffreddato viene tagliato in piccoli pezzi di forma romboidale e assume una consistenza simile a quella di un torrone.

Alla fine dell’Ottocento Battista Guiso, pasticcere di Nuoro, ideò l’aranzada nuorese, brevettandone la ricetta e vincolando al nome di questo dolce della tradizione regionale quello del capoluogo barbaricino. Questa versione prevede che le mandorle vengano tagliate in sottili bastoncini e aggiunte soltanto nella fase finale della canditura delle bucce d’arancia col miele. Inoltre, si differenzia anche perché il composto non viene compresso e viene posto in piccoli pirottini di carta.

Guiso rese famosa l’aranzada in tutta Europa presentandola nelle più rilevanti esposizioni di settore del vecchio continente, ottenendo importanti riconoscimenti.

Questa bontà, oggi presente tutto l’anno in molte pasticcerie locali, viene anche prodotta in casa, seppure meno che in passato. Infatti, in tempi relativamente recenti e in occasione delle ricorrenze più importanti o delle cerimonie rituali più significative come il matrimonio, tutti partecipavano al reperimento delle materie prime necessarie. In particolare i parenti degli sposi, ma anche gli amici e i vicini di casa, contribuivano fin dall’anno precedente le nozze alla conservazione delle bucce delle arance mangiate in occasione dei pasti e che, dopo la ripulitura e l’asciugatura davanti al fuoco del camino, venivano conservate in barattoli di vetro e poi donate ai futuri sposi che le utilizzavano per comporre le aranzadas. Queste, dopo essere state tagliate in piccoli rombi e adagiate su foglie d’arancio, venivano servite ai numerosissimi invitati.