L’insalata di rinforzo è la tavolozza dei colori di un pittore norvegese che vive in Campania ed è uno dei piatti simbolo della tradizione gastronomica natalizia di questa regione.

Nel Beneventano, rispetto alla tipica ricetta napoletana, si aggiunge un ingrediente che ne diventa l’elemento principale e che più la caratterizza; si tratta di un pesce boreale che, non per sua scelta, abbina il basso profilo a magnifici esiti culinari: il merluzzo.

L’insalata di rinforzo, però, ha per protagonista una delle due versioni “mummificate” del merluzzo: il baccalà (l’altra è lo stoccafisso).

Come spesso accade per il cibo e per il vino, anche per il baccalà non si resta nella sola dimensione del gusto – seppur fondamentale – ma si sconfina nella storia per celebrare la tradizione arricchita dalle contaminazioni culturali.

Così un’insalata di rinforzo, con i suoi profumi, i suoi sapori e i suoi colori, può solleticare la nostra curiosità e far pensare alla scoperta del merluzzo e della sua disposizione alla conservazione, che è avvenuta per noi italiani sei decenni prima della più nota scoperta di Colombo con le sue tre caravelle.

Si tratta di storie di mercanti veneziani, di tempeste e di naufragi di navi cariche di spezie, allume e Malvasia; di viaggi deviati dalla forza della natura. Si parte dall’isola di Candia, terra d’origine del prezioso vitigno presente nella stiva, e si arriva fino in Norvegia, più precisamente alle isole Lofoten. Una sorta di miracolo dell’accoglienza, di marinai alla deriva in questo caso. Si narra, finanche, della nascita di norvegesi dai tratti e dalle tinte mediterranee. Si innescano economie e gemellaggi che portano al battesimo di un isolotto norvegese con il nome di Sandrigo, in onore dell’omonimo Comune del Vicentino. E qui, a molti, verrà in mente il baccalà alla vicentina, che però è stoccafisso. Ma io ero partito dall’insalata di rinforzo. E torno lì.

Il baccalà, tipico piatto degli antichi venerdì campani, alla Vigilia di Natale nell’insalata di rinforzo si veste a festa mescolandosi con cavolfiori, broccoli, olive, capperi, acciughe e papaccelle. Un piatto dall’esultanza cromatica e olfattiva che, poggiando su un gioco di contrasti, si affida alla tradizione ma che ben si presta anche a sue rivisitazioni, rispettose o audaci che siano.

È una specialità culinaria generalmente mal tollerata dai bambini e adorata dagli adulti: col crescere il gusto diventa un senso più consapevole e libero dai condizionamenti di chi ci ha nutrito in infanzia. È probabile che un campano, che sia cresciuto, attempato o veterano della tavola, mangiando l’insalata di rinforzo faccia un viaggio nel tempo; è verosimile che torni ad essere bambino e che quel piatto, a cui guardava con sospetto durante la fanciullezza, gli susciti un’emozione che unisce il palato e il cuore in un tripudio di ricordi e sensazioni: le Vigilie di Natale lunghe a prepararsi, gli zampognari in casa e le loro melodie avvolgenti, le tavolate armoniose e numerose, la tombola, il sette e mezzo con le monete in lire, i tempi in cui eravamo ostaggi in minor misura della tecnologia e nei quali l’affetto si diceva e si scriveva senza la mediazione degli schermi. Per i campani lontani dalla propria terra, poi, l’insalata di rinforzo è un piatto che può avere un potere taumaturgico: talvolta riesce a trasformare la nostalgia da sentimento di mancanza a simbolica sensazione di presenza, di riempimento attraverso la consapevolezza dell’ineluttabile legame che si ha con le proprie radici, con i luoghi e le tradizioni dalle quali si proviene.