Mettere la Sardegna al centro coincide, spesso, con il raccontarne le meravigliose zone costiere. In realtà le aree in cui i tratti culturali identitari si conservano ancor più sono quelle lontane dal mare; il Mandrolisai, antica regione storica dell’isola, è proprio una di quelle zone. È il nucleo della Sardegna, l’esatto centro geografico. Collega il massiccio del Gennargentu alla valle del Tirso guardando al golfo di Oristano. Ne fanno parte i comuni di Sorgono, Atzara, Ortueri, Tonara, Desulo e Meana Sardo, tutti in provincia di Nuoro, e Samugheo, in provincia di Oristano.

Tra le principali attività che storicamente hanno sostenuto il tessuto economico di questi luoghi spiccano l’artigianato tessile e soprattutto la produzione vitivinicola. Il vino, in particolare, è anche un pilastro della cultura di questo territorio: basti pensare al fatto che buona parte delle famiglie possiede un vigneto.

Non a caso Mandrolisai è anche una delle DOC più importanti della Sardegna e che attraverso i suoi vini meglio racconta il territorio che rappresenta. Istituita nel 1981, questa denominazione si è dimostrata essere un caso di scelta avveduta; un indirizzo che, quanto meno per quel che concerne le specialità identitarie dell’isola, dovrebbe essere di ispirazione poiché è un esempio virtuoso proprio per il fatto che territorio, DOC e vino vengono identificati con lo stesso termine: Mandrolisai, appunto.

I tre vitigni protagonisti della DOC Mandrolisai sono il Bovale Sardo (detto anche Muristellu), il Cannonau e il Monica. Il primo deve concorrere con almeno il 35% di uve, gli altri due con una quota che va dal 20% al 35% ciascuno. È possibile utilizzare anche altri vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella regione Sardegna fino ad un massimo del 10%.

L’azienda Fradiles ha sede ad Atzara, comune in provincia di Nuoro che ha una popolazione di circa 1.000 abitanti e una radicata tradizione vitivinicola. Il paesaggio atzarese vede i vigneti alternarsi a boschi e pascoli. Da Atzara si scorge Punta La Marmora, la vetta più alta del Gennargentu e di tutta la Sardegna.

Anche il patrimonio artistico di questo borgo è di tutto rilievo: basti pensare al rilancio dei saperi legati alle tecniche tintorie dei tessuti di lana e seta con colori naturali nonché al fatto che questo piccolo centro ha un museo di arte moderna e contemporanea intitolato ad Antonio Ortiz Echague, pittore costumbrista spagnolo affascinato dalla cultura e dalle tradizioni locali; e poi al fatto che Atzara ha dato i natali a due grandi pittori come Antonio Corriga e Vittorio Tolu. Inoltre, durante la Seconda guerra mondiale, ha vissuto ad Atzara il celebre fumettista e illustratore italiano Galep (pseudonimo di Aurelio Galleppini), disegnatore di Tex.


Costume tradizionale di Atzara (Foto di Gianni Careddu – Licenza d’uso CC-BY-SA 3.0 – https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Atzara_-_Costume_tradizionale_%2804%29.JPG)

Ma ora torniamo al vino. Fradiles in sardo vuol dire “cugini”, termine che si intercetta in diversi ambiti dell’azienda che ci apprestiamo a raccontare. Ne è l’anima Paolo Savoldo che l’ha fondata nel 2003 e che assieme al cugino Antonio Marras cura le vigne di famiglia, alcune delle quali sono di proprietà proprio di altri cugini dei due timonieri. Parliamo di poco più di 10 ettari di vigneti, posti ad un’altitudine che va dai 500 ai 700 metri sul livello del mare. Quelli più longevi hanno 89 e 106 anni d’età.

I terreni sono altamente vocati alla coltivazione della vite e sono granitici disciolti moderatamente acidi.

La forma più diffusa di allevamento della vite è quella dell’alberello a candelabro. I vecchi ceppi, invece, sono ad alberello classico. Proprio per i suoi numerosi vigneti storici ad alberello il comune di Atzara, assieme a quello di Sorgono, fa parte dei Paesaggi Rurali Storici.

Le rese per ettaro sono davvero basse a beneficio della qualità dei vini. Anche le marcate escursioni termiche tra il giorno e la notte contribuiscono all’ampiezza dell’arco aromatico che si ritrova nel calice.

Operando all’interno della DOC Mandrolisai il lavoro in vigna e in cantina è ancor più articolato per il fatto che siamo di fronte a una denominazione nella quale i vitigni che ne sono protagonisti, seppur ottimi solisti, si esibiscono in versione corale. Le uve di Cannonau, Bovale Sardo e Monica vengono vinificate tutte assieme. I tempi di maturazione delle diverse tipologie di uve vengono gestiti affinché procedano di pari passo. Nei nuovi impianti ciò si realizza agendo sulla collocazione delle viti: il Cannonau, che matura un po’ prima rispetto agli altri due vitigni, viene messo in posti più freschi; il Bovale Sardo, che è più lento, viene impiantato in zone più calde e per il Monica vengono scelte aree con caratteristiche climatiche intermedie. Nei vecchi vigneti, invece, si lavora sulla pianta modulando sia la potatura verde che il diradamento dei grappoli. Questi tre vitigni lavorano per complementarità: il Monica conferisce agilità di beva ai vini, il Bovale Sardo porta in dote struttura e tannino fine, il Cannonau dona acidità e componente alcolica.

Fradiles produce nove etichette. I vini cru sono l’Angraris e il Memorias Creccherie. Il primo è un Mandrolisai Superiore DOC e prende origine da un vecchio vigneto ad alberello di 106 anni collocato nella zona da cui la bottiglia prende il nome. Il secondo è un Mandrolisai DOC e nasce da uve che provengono dall’omonima zona da viti che hanno 89 anni di età. Proprio attorno al Memorias Creccherie nel 2016 ha avuto inizio un progetto di adozione dei ceppi creato assieme ad un ristoratore olandese e che ha per beneficiari i clienti dei Paesi Bassi: ogni appassionato che, con un contributo economico, decide di aderire all’iniziativa adottando dei ceppi alla fine di ogni anno riceve dieci bottiglie di Memorias Creccherie.

Poi ci sono i classici dell’azienda: Antiogu, Fradiles e Azzàra. Il primo è un Mandrolisai Superiore DOC, gli altri due sono Mandrolisai DOC. Il Fradiles è la prima etichetta della cantina, è prodotto da vigneti di circa 30 anni e fa un passaggio di 8 mesi in tonneaux molto scarichi. L’Antiogu è il primo rosso superiore prodotto dall’azienda e le uve provengono da due vigneti di 50 e 70 anni; fa un passaggio di 12 mesi in tonneaux un po’ più giovani rispetto a quelli del Fradiles ed entra in commercio due anni dopo la vendemmia.

Infine ci sono gli IGT. L’Istentu è fatto prevalentemente con uve di Aniga ‘e Sant’Antiògu (Uva di Sant’Antioco), con piccoli saldi di altre varietà autoctone, su tutte Barbera Sarda e Cannonau. La peculiarità dell’Aniga ‘e Sant’Antiògu è l’elevata acidità delle uve; a testimonianza di ciò basti tener presente che, nei posti in cui questo vitigno è impiantato assieme ad altre varietà, i suoi chicchi sono gli unici a non essere mangiati dagli uccelli, proprio per questa spiccata caratteristica. Il Bagadìu è ottenuto da vinificazione in purezza del Bovale Sardo. Il Durusia è il rosato dell’azienda, fatto da uve Girò e che fa circa quattro ore di macerazione. Il Funtanafrisca è l’unico bianco della cantina e le uve utilizzate per realizzarlo sono prevalentemente Nuragus e Vernaccina.

Fradiles esporta il 60% della produzione verso i mercati esteri, soprattutto Stati Uniti d’America, rivolgendosi principalmente a ristoranti ed enoteche. Il restante 40% è destinato al mercato nazionale (35 % Sardegna e 5% nel resto d’Italia).

I vini Fradiles esprimono in modo alto il concetto di terroir rappresentando in modo fedele e completo il territorio del Mandrolisai: sono intensi e persistenti, esattamente come le emozioni che suscitano i paesaggi che fanno da cornice agli incantevoli vigneti di questa subregione della Sardegna; sono eleganti, semplici e complessi al tempo stesso, come il costume tradizionale di Atzara. Sono vini da scoprire, proprio come il Mandrolisai.

Non è stato semplice decidere quale vino scegliere per la degustazione perché il livello di ogni singola etichetta di Fradiles è davvero elevato. La preferenza è ricaduta sull’Angraris 2019 – Mandrolisai Superiore DOC per il fatto che è il vino prodotto a partire dalle uve del vigneto di famiglia più longevo che ha 106 anni. Trae il suo nome dalla zona in cui è collocato il vigneto, un’area altamente vocata per la viticoltura e posizionata sulle colline del versante ovest della catena montuosa del Gennargentu a circa 550 metri sul livello del mare. I terreni derivano da disfacimento granitico e le viti sono allevate ad alberello classico. La densità di impianto e le rese medie sono rispettivamente di 6.000 ceppi e di circa 40 quintali per ettaro.

I vitigni protagonisti sono Bovale Sardo, Cannonau e Monica. La macerazione delle bucce è di circa 20 giorni. La maturazione si svolge per 6 mesi in acciaio e per un periodo molto più lungo in botti da 750 litri. Le bottiglie prodotte nell’annata in oggetto sono poco meno di 1.800.

Nel calice l’Angraris si presenta di color rosso rubino cupo.

Al naso è intenso, ampio e persistente: gli immediati profumi di frutti di bosco in confettura e di macchia mediterranea lasciano poi il posto a note di tabacco, caffè e sottobosco.

Al palato è caratterizzato da equilibrio, lunghezza e da una percettibile mineralità. I tannini vellutati e la carica glicerica supportano l’importante e armoniosa struttura del vino. La piacevole freschezza ammansisce i 15,5 gradi di alcol. Ai sentori olfattivi si aggiungono quelli di ciliegia sotto spirito e di buccia d’arancia. L’Angraris è un vino decisamente complesso ed elegante: già ora eccellente, potrà certamente beneficiare dell’alleanza con il tempo.

L’abbinamento che mi sento di proporre è quello con la poesia: l’invito è quello di tuffarsi nella dimensione del Mandrolisai bevendo un calice di Angraris e leggendo al contempo “La vigna abbandonata”, una poesia di Antioco Casula, noto anche come Montanaru. Le opere del poeta desulese sono state tradotte in italiano dall’intellettuale oranese Marianna Bussalai. Ho pensato a quest’associazione, al connubio tra vino e versi, per condividere l’idea che la poesia e la cultura siano componenti preziose del concetto di terroir; e poi, per dare consistenza scritta all’auspicio che la storia e la cultura della Sardegna trovino sempre maggiore spazio nel racconto del patrimonio intellettuale del nostro Paese.