Onorata e grata per aver ricevuto richiesta di esprimermi sulla centralità delle relazioni sociali, argomento interessante che mi sta a cuore e che è parte della mia attività professionale, parto col dire che sono lieta del fatto che Emilio, ideatore di Paesìa, abbia pensato a me, probabilmente, proprio per la pertinenza tra le competenze da me acquisite in tanti anni di lavoro e alcuni dei temi trattati da questo sito.

In attesa di poter sfruttare qualche ora del mio tempo per meglio organizzare le idee, ho mantenuto nella mia testa come chiodo fisso la domanda di come strutturare al meglio questo mio scritto, anche per un lettore dei tempi d’oggi che, seppur curioso e diligente, deve comunque conciliarsi con i ritmi quotidiani di questo nostro forsennato presente, sforzandosi di non essere manchevole verso ogni sua sfera di vita, quale famiglia, lavoro, volontariato, hobby e amicizie.

Prima di parlare della centralità delle relazioni sociali, ho pensato che il modo migliore per presentarmi fosse quello di raccontarvi di me e del mio paese.

Io sono una professionista nel settore della psicologia clinica e di comunità, ma soprattutto sono una Donna appassionata e volenterosa, tenacemente ancorata alla sua famiglia che attualmente ruota intorno a Giuliana e Caterina, le mie due figlie in tenera età, rispettivamente di tre e quattro anni.

Da 43 anni, pur non avendo origini qui, abito a Roccamonfina, un paesino collinare in provincia di Caserta, a circa 650 metri sul livello del mare e che si trova sulla bocca di un vulcano spento; ha un paesaggio mozzafiato, una raffinata aria salubre, apprezzata per la sua frescura nei periodi estivi più irrespirabili, e un famoso convento di frati francescani situato sul promontorio dei Lattani. È rinomato per la produzione di castagne e funghi, soprattutto quelli volgarmente denominati ovoli e porcini. In questo periodo vivo nel centro delle sue pulsazioni più vigorose ed anche affannose; ciò sia a causa di questi ultimi tre anni segnati dalla pandemia Covid-19 sia per un periodo, ad essa antecedente, durato un decennio e più, estremamente critico e causato da siccità e dal cinipide, un insetto parassita, responsabile della malattia di molte piante di castagno. Ad intricare ulteriormente la matassa contribuisce anche l’odierno mercato castanicolo che, anziché premiare i laboriosi castanicoltori, li sta solo enormemente mortificando e soprattutto non li sta neanche minimamente premiando negli incassi monetari.

Roccamonfina

Questi fattori, uniti alla pandemia, hanno messo il mio paese a dura prova e, nonostante sia all’interno di un percorso di rinascita, vive un periodo in cui si respirano forti apprensioni. Il raccolto si prospetta abbondante quest’anno, ma pare proprio che il lavoro che ci vorrà per portarlo a compimento, persino quello coadiuvato dagli specifici macchinari moderni, non potrà essere adeguatamente ripagato dai mercati che dettano i prezzi del nostro cosiddetto “oro nero”. Siamo appena agli inizi della stagione più produttiva per la mia Roccamonfina, che sommariamente inizia dai principi di settembre per concludersi a metà novembre, eppure un problema così importante e riguardante una parte prevalente della popolazione locale sembra creare crepe nel sociale anziché compattare. Un tempo si era pensato di costituirsi in cooperative agricole, e qualcuno lo ha anche fatto, ma oggi, in assenza di un’unione che possa garantire maggiore forza, sostegno e soprattutto rendere sostenibile l’attività, ognuno intraprende la vendita in maniera autonoma: lo fa sfruttando le sagre di paese e l’opzione recente della promozione mediante canali social.

L’auspicio è che queste difficoltà possano spingere ad una maggiore aggregazione delle energie affinché si creino nuove opportunità per il mio territorio. In parte ciò sta già accadendo: basti pensare al particolare successo che sta registrando la nostra Sagra della Castagna e del Fungo Porcino, oramai giunta alla 44.ma edizione. La manifestazione di quest’anno, che ha avuto inizio ai primi di ottobre e si protrarrà fino al prossimo 13 novembre, è ancora più significativa: proprio nel 2022, infatti, alla castagna di Roccamonfina è stato riconosciuto il marchio IGP. Chi avrà modo di prendere parte all’evento potrà anche vedere in funzione il vrollaro più grande del mondo – record strappato al Portogallo nel 2018 – e potrà godere di un’offerta enogastronomica ancora più ricca rispetto agli anni passati; potrà cogliere, inoltre, l’opportunità di effettuare suggestive visite guidate nei castagneti.

Bene, ora possiamo passare al tema delle relazioni sociali.

“…Humani nihil a me alienum puto.” ovvero “…Niente di ciò che è umano è estraneo a me”, recitava Terenzio in una delle sue massime. Infatti, tutto ciò che riguarda il prossimo tange direttamente tutti noi. Questa mia reminiscenza del liceo classico Agostino Nifo di Sessa Aurunca (a circa 12 km da Roccamonfina), in cui mi sono diplomata, a significare che le relazioni sociali, ai tempi di Terenzio come pure ai nostri, erano allora e restano tuttora alla base della società o di una società sufficientemente buona. Eh sì, perché siamo chiamati ad essere veri, non perfetti, e dovremmo vivere liberi di esprimerci nella nostra essenza umana e col nostro bagaglio di pregi, ma soprattutto tollerando le nostre ed altrui imperfezioni, rispettosi del crescere insieme mantenendo la consustanzialità dei principi di Identità e Relazione. Risulta infatti innegabile, oltre che statisticamente dimostrato ed anche clinicamente validato, che pure la persona più autosufficiente viva meglio in un sistema comunitario che ben funziona; ecco perché investire sulla qualità delle relazioni sociali dovrebbe essere un fattore su cui puntare fortemente per potenziare e sviluppare le caratteristiche di ogni comunità, ristretta o allargata che sia. Si tratterebbe, “finalmente”, di valorizzare adeguatamente l’attenzione alla salute mentale singola e comunitaria, con presidi strutturati al meglio possibile, costanti e dalla rassicurante solidità, per fronteggiare le criticità dell’esistenza oltre che, naturalmente, anche godersi la gioia di essa.

In riferimento a quanto sopra esposto ed in linea col profilo di questo sito, è inevitabile riferirmi all’eterna disputa tra scegliere se, a parità di vantaggi, svantaggi, costi e servizi, sia meglio vivere in una città o in un paese. Potete facilmente immaginare che, personalmente, sia perché sono nata ed ho vissuto a Roccamonfina sia per mie precipue caratteristiche personali e familiari, prediligo l’abitare in un piccolo paese. Innegabile è che, rispetto alle città a me più vicine, si possa vivere in tranquillità, con rumori di sottofondo più tollerabili rispetto a quelli cittadini e diversi per frequenza e intensità; c’è poi una buona qualità della vita, c’è molto verde e abbiamo ampi spazi che sono a misura dei piccoli ma anche dei più grandi. Inoltre, c’è la possibilità di essere protagonisti ideando, a vari livelli, iniziative utili alla collettività, con finalità ludiche ma anche più propriamente pragmatiche, che riguardano, ad esempio, l’istruzione, la religione, l’educazione, la cultura, lo sport e il rilancio dell’economia.

In definitiva, a mio parere, non è lo spazio in sé a determinare le distanze fra noi bensì è lo spazio per come è vissuto da ciascuno di noi. Credo fortemente che la differenza la faccia quella che Stanley Greenspan ha definito Intelligenza del Cuore: “beato chi ce l’ha e virtuoso e ricco chi smisuratamente la possiede”!

Pur essendo scontato esplicitarlo, ci tengo a sottolineare che quanto sopra riportato naturalmente è il mio punto di vista.

Per salutarvi penso ad una citazione di Erica Bauermeister, che da poco con piacere ho ritrovato tra le mie letture: “La vita è bellissima. Alcune persone te lo ricordano più di altre, tutto qui”.

Quest’ultima citazione è anche il mio ringraziamento a Emilio, artefice illuminato di Paesìa, per avermelo riportato alla mente: grazie!